L’interesse della sociologia nei confronti dei media digitali la si può riscontrare nella loro influenza nelle interazioni sociali tra gli individui. In particolare, la diffusione dei social media ha provocato dei cambiamenti nel sistema delle relazioni: il tentativo di fornire una spiegazione a questi fenomeni è stato affrontato in diverse chiavi di lettura, le quali hanno provato a definire la nuova forma di socialità a cui stiamo andando in contro.
Barry Wellman e la teoria della networked individualism.
La prima interpretazione risale al 2002, quando Barry Wellman (sociologo canadese-americano) enunciò il concetto di networked individualism. Secondo l’autore, con i media digitali si ha un cambiamento dell’essenza del legame sociale, che se in passato si basava sulla vicinanza fisica delle persone, adesso è riscontrabile nel singolo individuo e nella sua rete di contatti. La causa però, secondo questa interpretazione, non è riconducibile alla creazione e diffusione dei social media, bensì al processo di industrializzazione che ha eroso le società premoderne: si modificarono le strutture familiari e quelle produttive; le zone residenziali e quelle di lavoro vennero separate; cambiarono i sistemi di trasporti e quelli comunicativi. Tutto ciò si tradusse in un terreno fertile per un nuovo tipo di socialità e i rapporti sociali instaurati tramite internet possono essere considerati quindi come un effetto derivato dalla società industrializzata. Ma il nostro autore pone sempre al centro di questi mutamenti l’individuo, che riesce a costruire nel web la sua comunità personale, un surrogato di quel che era in passato la comunità tradizionale. Per quanto riguarda le relazioni sociali, in questa chiave di lettura viene messa in risalto la possibilità di creare connessioni (praticamente a qualunque distanza) senza ricorrere alle interazioni face-to-face. Tuttavia, le relazioni che si vengono a formare risultano molto “permeabili”, poiché possono essere create e abbandonate altrettanto rapidamente. Infatti, le connessioni che ognuno ha non fanno parte di un unico gruppo socialmente omogeneo, al contrario, solitamente avvengono con gruppi tra loro eterogenei. Wellman vuole quindi spiegarci che le relazioni instaurate non derivano dalla routine degli individui, perché non vi è più uno spazio fisico condiviso, ma provengono dalla solidarietà interna basata su valori condivisi o sul perseguimento di scopi comuni e ben precisi.
Virtual togetherness: Maria Bakardjieva volge lo sguardo sui modelli di relazione sociale digitale
La seconda interpretazione, arrivata un anno più tardi (2003), ci venne data da Maria Bakardjieva e prese il nome di virtual togetherness. Innanzitutto, l’autrice volle superare l’idea che la socialità online possa assumere solamente la forma comunitaria, superando il dualismo tra socialità in rete con quella “reale”. La vera differenza viene riscontrata piuttosto nell’utilizzo che si fa del web: per interazioni con gli altri o per consumare beni e servizi che si trovano al suo interno. In questa prospettiva sociologica vengono distinti diversi modelli di relazione sociale digitale. Il primo è l’infosumer e riguarda chi usa il web semplicemente per cercare informazioni (la traduzione nel mondo “reale” potrebbe essere la lettura di una rivista). Questo tipo di utente non interagisce con gli altri membri, comportandosi quasi sempre da lurker*.
La seconda tipologia è quella dell’instrumental relations: in questo caso internet resta una fonte di informazione ma vi è un interesse a interagire con gli altri membri della comunità di riferimento, almeno finché non viene risolto il problema informativo. In questo caso la fonte d’informazione sono gli individui con cui si hanno delle interazioni nel web. Un altro modello riguarda le persone che utilizzano la rete per connettere al bisogno di informazioni una funzione di scambio e confronto con gli altri. Bakardjieva li etichetta come People and ideas in virtual public sphere. Successivamente possiamo incontrare l’utente chatter: questo utente non utilizza il web seguendo un modello informativo razionalistico, bensì come luogo in cui instaurare relazioni tramite la condivisione di esperienze personali e sentimenti. Per concludere vi è il modello comunitario, dove la rete e le relazioni al suo interno sono trattate al pari di quelle faccia a faccia.
dana boyd e l’importanza del pubblico: networked publics.
L’ultima prospettiva è stata formulata da danah boyd* nel 2008 e prende il nome di networked publics. Il punto di partenza di questa autrice è il pubblico: grazie ai media digitali e in particolare grazie ai social media, il pubblico è diventato anch’esso fonte di informazione.
boyd afferma che nel web sta crescendo sempre di più la disponibilità di User Generated Content (UGC), i quali assumono quattro specifiche caratteristiche: persistenza (se qualcosa viene pubblicato online è automaticamente registrato e archiviato); replicabilità (possono essere duplicati con facilità); scalabilità (pubblico potenziale molto ampio); ricercabilità (i contenuti possono essere trovati tramite un sistema di ricerca). In seguito, compara i pubblici alle comunità sul piano delle relazioni, dove i primi sono connaturati da una struttura più fluida e transitoria, mentre le seconde nella loro forma tradizionale tendono a durare di più nel tempo e a creare legami profondi.
Queste proprietà del pubblico danno vita, secondo l’autrice, a tre dinamiche proprie della socialità in rete. La prima si riferisce all’invisibilità che può avere un pubblico nel momento in cui un utente crea e condivide i suoi contenuti online (ad esempio non so chi sarà precisamente il lettore di questo contributo una volta che l’avrò condiviso). La seconda dinamica riguarda invece la mancanza di confini spaziali, sociali e temporali che rendono difficoltosa la distinzione dei diversi contesti sociali. Infine, i social network hanno creato una certa ambiguità per quanto riguarda l’identità pubblica e quella privata, due spazi che ormai non sembrano più così distinti.
All’interno del dibattito sociologico non esiste una visione definitiva e accettata da tutta la comunità scientifica. Tuttavia, ciò non significa che queste teorie non siano valide o non possano essere prese in considerazione: ognuna di queste teorie può essere considerata in base alla situazione, al contesto e agli occhi di osserva. Per questo motivo è importante che l’articolo qui presentato svolga un ruolo riflessivo, che faccia fermare per un momento il lettore e lo faccia meditare su quale tipo di utente si rispecchi attualmente e su quale, nel caso sentisse un bisogno di cambiamento, vorrebbe diventare. Queste chiavi di lettura sociologica non hanno l’obiettivo di criticare i media digitali o i social media, bensì quello di rendere le persone consce del tipo di società in cui stiamo vivendo oggi, così da poter prendere ognuno delle decisioni quanto più razionali nel perseguimento della propria felicità.
E voi? Che tipi di utenti siete? Quali sono le principali attività che svolgete nel web? E che direzione pensate prenderanno i rapporti tra gli individui in un contesto sempre più digitale?
*Lurker: “lurker è un utente iscritto a una mailing list o che frequenta forum, blog ecc., ne legge con attenzione i messaggi ma non ne scrive o ne invia mai di propri. In questo modo evita di palesare agli altri utenti la propria presenza e rimane sconosciuto al resto degli utilizzatori di quella piattaforma, pur frequentandola più o meno assiduamente”.
*danah boyd: il nome di questa autrice lo troverete scritto sempre in minuscolo per una sua precisa decisione. Potete conoscerne la ragione andando su questo sito: http://www.danah.org/name.html